Cessione d’azienda – Retribuzioni e TFR maturati fino alla cessione – Modalità di trasferimento

Laddove vengano effettuate operazioni di cessione di una parte dell’azienda, occorre porre attenzione non solo all’autonomia del ramo ceduto, ma anche alle tutele che la legge accorda ai lavoratori ceduti.
Sul punto, si ricorda che la norma di riferimento è l’art. 2112 c.c. in cui si afferma che il rapporto di lavoro continua, senza soluzione di continuità, con il cessionario alle medesime condizioni contrattuali, a prescindere dallo strumento giuridico utilizzato per attuare l’operazione circolatoria dell’azienda.
Inoltre, i diritti che i lavoratori conservano con la cessione devono essere maturati alla data del trasferimento, quindi, nella prassi si suole individuare, al fine di evitare manovre elusive a danno del cessionario, le retribuzioni maturate da 3 a 6 mesi precedenti l’operazione.
Sul trattamento di fine rapporto, invece, la giurisprudenza (cfr. Cass. 11.9.2013 n. 20837) oramai consolidata ha affermato che il cedente rimane obbligato in solido solo per la parte maturata sino alla data del trasferimento, mentre per la restante somma calcolata sino alla data di cessazione del rapporto sarà tenuto al pagamento il cessionario.

L’agevolazione prima casa

L’agevolazione prima casa è il beneficio più significativo in caso di acquisto di immobili. Il beneficio trova applicazione nel caso di acquisto di un’abitazione di categoria catastale diversa da A1, A8 o A9 e comporta:
– l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 2% (o dell’1,5% se l’acquisto avviene ad opera della società di leasing e le condizioni agevolative sussistono in capo all’utilizzatore) e delle imposte ipotecaria e catastale di 50,00 euro ciascuna, se l’atto risulta soggetto ad imposta di registro o esente da IVA;
– l’applicazione dell’IVA nella misura del 4% e delle imposte di registro, ipotecaria e catastale di 200,00 euro ciascuna se l’atto risulta imponibile ad IVA.
In breve, l’agevolazione prima casa trova applicazione in presenza delle seguenti condizioni:
– che l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto;
– che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
– che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni “prima casa”. Questa ultima condizione, a partire dall’1.1.2016, può essere però, non soddisfatta, atteso che il legislatore della L. 28.12.2015 n. 208 (art. 1 co. 55), consente di applicare l’agevolazione, anche nel caso in cui l’acquirente, al momento dell’acquisto, non si sia ancora “liberato” della precedente “prima casa”, purché, però, egli la alieni entro 1 anno dal “nuovo” acquisto agevolato.

Contratti di locazione a canone concordato – Nuovi criteri di determinazione del canone (DM 16.1.2017)

Con il D.M. delle Infrastrutture e dei trasporti del 16.1.2017, in vigore dal 30.3.2017, sono stati resi noti i nuovi criteri per la determinazione dei canoni dei contratti di locazione concordati ai sensi della L. 431 del 9.12.98.
Si ricorda, infatti, che le parti, in riferimento alle locazioni ad uso abitativo, possono sottoscrivere, in presenza di determinate condizioni, contratti caratterizzati da un canone predefinito e per i quali operano specifiche agevolazioni fiscali.
Il citato DM 16.1.2017 sostituisce il DM 30.12.2002, che aveva demandato ai singoli enti locali la definizione delle fasce di oscillazione dei canoni di locazione suddivise in base alle caratteristiche dell’unità locata. Il DM 16.1.2017 ridefinisce alcune caratteristiche dei citati contratti ed aggiorna la modulistica da utilizzare per la stipula dei contratti stessi.
Tra le novità, si segnala che, ai fini della validità civilistica dei citati contratti:
– non è più indispensabile che le parti siano assistite dalle associazioni;
– i contratti cosiddetti “3 + 2″ (art. 2 co. 3 della L. 431/98) possono avere ad oggetto abitazioni site in tutti i Comuni d’Italia e non più solamente in quelli ad “alta tensione abitativa” di cui all’art. 1 del DL 30.12.88 n. 551.

Imponibilità dei canoni di affitto – Riduzione consensuale dei canoni – Presunzione di maggiori ricavi (C.T. Reg. Bari sez. Lecce 14.12.2015 n. 2709/22/15)

C.T. Reg. Bari sez. Lecce 14.12.2015 n. 2709/22/15, nel ribadire che l’accertamento analitico-induttivo deve essere basato su presunzioni gravi, precise e concordanti, ha sancito come l’Erario non possa, in automatico, presumere maggiori ricavi occultati sulla base del fatto che il canone per l’affitto di azienda sia stato, in seguito alla stipulazione del contratto di affitto originario, diminuito in ragione di transazione tra le parti contraenti.
Infatti, si tratta di una libera negoziazione fra le parti, su cui il giudice tributario non può interferire, salvo siano ravvisabili evidenti comportamenti di sicura evasione o elusione fiscale.

Comunicazioni trimestrali IVA – Modalità di trasmissione dei dati (provv. Agenzia delle Entrate 27.3.2017 n. 58793)

Con il provvedimento 27.3.2017 n. 58793, l’Agenzia delle Entrate ha approvato:
– il modello per la comunicazione delle liquidazioni IVA periodiche di cui all’art. 21-bis del DL 78/2010, con le relative istruzioni e le specifiche tecniche;
– le nuove regole da utilizzare per la trasmissione dei dati delle fatture sia nell’ambito della comunicazione obbligatoria di cui all’art. 21 del DL 78/2010, sia nell’ambito della comunicazione opzionale di cui all’art. 1 co. 3 del DLgs. 127/2015; tuttavia, tali regole sono adottate a partire dal 10.7.2017.
Inoltre, il provvedimento modifica, per l’anno 2017, i termini di invio della comunicazione opzionale delle fatture previsti dal provv. Agenzia delle Entrate n. 182070/2016, allineandoli a quelli previsti per la comunicazione obbligatoria. Pertanto, per il primo anno di applicazione, entrambe le comunicazioni dovranno essere effettuate:
– entro il 18.9.2017 (poiché il 16 settembre è sabato) per il primo semestre;
– entro il 28.2.2018 per il secondo semestre.
A regime, entrambe le comunicazioni dovranno essere trasmesse con cadenza trimestrale, secondo i termini ordinariamente previsti.

Trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute – Novità del DL 193/2016 – Ambito applicativo (circ. Assonime 27.3.2017 n. 8)

Con la circolare 27.3.2017 n. 8, Assonime si è occupata del confronto tra la comunicazione opzionale dei dati delle fatture di cui all’art. 1 co. 3 del DLgs. 127/2015 rispetto all’obbligo di trasmissione telematica dei medesimi dati previsto dall’art. 21 del DL 78/2010 (come modificato dall’art. 4 del DL 193/2016).
Il 31.3.2017 scade, infatti, il termine per aderire al regime opzionale relativamente all’anno d’imposta 2017.
Gli elementi che differenziano i due adempimenti sono:
– il regime sanzionatorio (secondo Assonime quello previsto per la comunicazione opzionale risulterebbe più penalizzante);
– la possibilità, aderendo al regime opzionale, di beneficiare di alcune agevolazioni (accesso ai rimborsi anche in assenza dei requisiti ex art. 30 co 2 del DPR 633/72 ed erogazione prioritaria; riduzione da 5 a 3 anni dei termini di accertamento, laddove sia garantita la tracciabilità dei pagamenti superiori a 30 euro).
Inoltre, per i soggetti che aderiscono al regime facoltativo, dovrebbe essere esclusa la presentazione dei modelli INTRA-2 (fermo restando il problema del mancato invio dei dati statistici).
Secondo la valutazione di Assonime, questi elementi non rappresentano effettivi vantaggi per aderire al regime opzionale, tenuto anche conto del fatto che l’opzione è vincolante per 5 anni e che è comunque possibile optare per il regime entro il 31.12.2017 con riferimento all’anno d’imposta 2018.

Modello di dichiarazione d’intento utilizzabile dall’1.3.2017 – Disciplina transitoria

Gli operatori economici, a fronte dell’introduzione del nuovo modello di dichiarazione d’intento (provv. Agenzia delle Entrate 2.12.2016 n. 213221) per le operazioni di acquisto effettuate a partire dall’1.3.2017, devono gestire la fase di “transizione”. Il nuovo modello, infatti, non prevede più la possibilità di riferire la dichiarazione d’intento a un periodo di tempo specificato.
Alcune delle situazioni che si possono verificare, pertanto, sono le seguenti:
– dichiarazione d’intento con l’indicazione del periodo di validità ed emissione di un successivo documento sul nuovo modello per le operazioni effettuate dall’1.3.2017: per evitare periodi “scoperti”, alcuni operatori hanno scelto di emettere, entro il 28.2.2017, una dichiarazione sul vecchio modello indicando l’ammontare entro il quale effettuare acquisti senza pagamento dell’imposta. Tali dichiarazioni, nel limite dell’importo indicato, sono valide anche oltre il 28.2.2017 (ris. Agenzia delle Entrate 22.12.2016 n. 120);
– dichiarazione d’intento per un dato periodo temporale, seguita dall’emissione (l’1.3.2017 o successivamente) di un altro documento sul nuovo modello: in tale ipotesi, è necessario considerare la possibile esistenza di un periodo “non coperto” dalle dichiarazioni d’intento e, nell’arco temporale oggetto di queste ultime, il limite di importo indicato.

Notaio rogante e parte contraente – Cause inscindibili – Litisconsorzio processuale (Cass. 12.10.2016 n. 20533)

Cass. 12.10.2016 n. 20533 ha sancito la sussistenza del litisconsorzio processuale tra notaio e parti contraenti nei processi ove è stato presentato ricorso contro l’avviso di liquidazione della maggiore imposta principale.
Così, se l’avviso di liquidazione viene impugnato sia dal notaio che da (una o più) parti contraenti, tutte le parti che hanno partecipato al primo grado (avendo presentato ricorso) devono necessariamente partecipare al grado di appello.
Se ciò non avviene, e quindi se l’appello è notificato ad esempio alla sola parte contraente, la C.T. Reg., in applicazione dell’art. 331 c.p.c., deve disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del notaio, e, se l’ordine non viene ottemperato, deve dichiarare inammissibile l’impugnazione.

Verifiche nei confronti dei professionisti e delle imprese – Modalità

Ai sensi della normativa vigente (artt. 52 del DPR 633/72 e 33 del DPR 600/73), in sede di verifica fiscale occorre rammentare che:
– se viene disposto un accesso presso i locali dell’attività commerciale o professionale, è sufficiente l’autorizzazione amministrativa, del direttore regionale o del comandante di zona;
– se l’accesso è disposto presso locali promiscui, ovvero adibiti anche ad abitazione, occorre l’autorizzazione del PM;
– se l’accesso avviene presso l’abitazione del contribuente, è necessaria l’autorizzazione del PM, che può essere rilasciata solo in costanza di gravi indizi di evasione.
Vi sono poi altre regole da osservare: ad esempio, per aprire borse o plichi sigillati, se c’è l’opposizione del contribuente, occorre l’autorizzazione del PM.

Assegno di ricollocazione – Avvio della fase sperimentale da parte dell’ANPAL

L’ANPAL ha recentemente reso noto di aver avviato la fase sperimentale dell’assegno di ricollocazione ex art. 23 del DLgs. 150/2015, con l’invio delle lettere indirizzate a circa 30.000 destinatari.
Si tratta, in sintesi, di soggetti disoccupati e percettori di NASpI, la cui durata di disoccupazione eccede i 4 mesi, i quali avranno a disposizione un buono per usufruire di servizi di assistenza intensiva alla ricollocazione presso i circa 900 operatori pubblici e privati accreditati e presenti su tutto il territorio nazionale.
La durata di tale intervento è di 6 mesi, ai quali se ne possono aggiungere altri 6 a titolo di proroga qualora non sia stato consumato l’intero ammontare del buono, il cui importo  può variare da 1.000 a 5.000 euro in relazione al profilo personale di occupabilità definito da un’apposita procedura del Centro per l’impiego.
Operativamente, il bonus in argomento non viene erogato direttamente al soggetto disoccupato che lo richiede ma agli operatori, attraverso un meccanismo giudicato fortemente incentivante dalla stessa ANPAL, in quanto questi ultimi potranno percepire tale somma solo qualora il risultato venga raggiunto, ossia alla firma di un contratto di lavoro.