Cessione di un fabbricato da demolire dopo 5 anni – Riqualificazione in compravendita di area edificabile – Imponibilità della plusvalenza – Esclusione (Cass. 21.2.2019 n. 5088)

Secondo la Cass. 21.2.2019 n. 5088, l’Amministrazione finanziaria non può riqualificare la cessione di un edificio da demolire come cessione di terreni edificabili.
Inoltre, la sentenza enuncia i seguenti principi in tema di plusvalenze immobiliari imponibili per i soggetti non imprenditori ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR:
– la distinzione tra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva, che in via analogica non ammette un tertium genus;
– la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste;
– nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile.

Perdite fiscali dei soggetti IRPEF – Regime forfetario ex L. 190/2014 e Regime di vantaggio ex DL 98/2011 – Novità della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019) – Profili critici

L’art. 1 co. 23 e ss. della L. 145/2018, nel riformare il riporto delle perdite d’impresa dei soggetti IRPEF, non disciplina il riporto delle perdite da parte dei soggetti che fruiscono del regime di vantaggio ex art. 27 del DL 98/2011 (c.d. minimi) e del regime forfettario ex art. 1 co. 54-89 della L. 190/2014.
In base a quanto precisato in passato dall’Agenzia delle Entrate (ris. 123/2010 e circ. 17/2012) e alle istruzioni al modello REDDITI PF, quadro LM, nei confronti dei c.d. minimi non dovrebbero operare il riporto a tempo indeterminato (in luogo di quello quinquennale) e l’utilizzo, in sede di riporto, nei limiti dell’80%, del reddito di periodo.
Diversamente, per i contribuenti forfettari, si dovrebbe concludere per un adeguamento automatico alle nuove regole, comprese quelle riguardanti i contribuenti in contabilità semplificata nel triennio 2017-2019, i quali, in caso di perdita, applicano la disciplina specifica prevista dall’art. 1 co. 25-26 della L. 145/2018 anche se, successivamente, transitano in contabilità ordinaria o nel forfettario.

Licenziamento illegittimo – Contratto a tutele crescenti – Determinazione dell’indennizzo – Criteri

Con la sentenza 8.11.2018 n. 194 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il meccanismo di determinazione in misura fissa, basato sulla sola anzianità di servizio, del risarcimento spettante in caso di licenziamento ingiustificato dei lavoratori soggetti alle “tutele crescenti” (in generale, quelli assunti a partire dal 7.3.2015).
Secondo la Corte, i giudici devono tener conto anche degli ulteriori criteri già prescritti dall’ordinamento per quantificare l’indennità per il licenziamento ingiustificato dei lavoratori assunti prima del 7.3.2015 (numero dei dipendenti, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti), ma l’anzianità di servizio resta il criterio da considerare in via prioritaria.
Si osserva che questa statuizione appare coerente in particolare con la prassi applicativa della giurisprudenza successiva alla riforma Fornero (L. 92/2012, che ha riscritto l’art. 18 della L. 300/70), risultando – su un campione di 50 pronunce – l’anzianità di servizio il primo criterio al quale i giudici hanno fatto ricorso per determinare l’indennizzo economico.
Tuttavia, la prima sentenza (nota) che si è pronunciata sulla nuova situazione determinata dalla sentenza della Corte Costituzionale (Trib. Genova 21.11.2018 n. 1550) sembra andare in direzione diversa, essendo stata considerata prevalente sull’anzianità di servizio l’affermata gravità del comportamento datoriale.

Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza – Novità del DLgs. attuativo della L. 155/2017 – Contratti ad esecuzione continuata o periodica – Subingresso del curatore

Fra le novità introdotte dal DLgs. attuativo della L. 155/2017 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza) va segnalata la disciplina in materia di contratti ad esecuzione continuata o periodica di cui all’art. 179, che modifica la disciplina di cui all’art. 74 del RD 267/42.
Più precisamente, l’art. 74 del RD 267/42 stabilisce che, se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica, deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati.
In altre parole, dal testo della disposizione si ricava che il curatore, in caso di subingresso, deve pagare integralmente il prezzo non solo delle prestazioni rese e dei servizi erogati successivamente alla dichiarazione di fallimento, ma anche delle prestazioni rese e dei servizi erogati prima che sia intervenuta tale dichiarazione.
L’art. 179 del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza stabilisce, invece, al co. 1, che, se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica, deve pagare integralmente il prezzo delle consegne avvenute e dei servizi erogati dopo l’apertura della liquidazione giudiziale. Il co. 2 prevede, poi, che il creditore può chiedere l’ammissione al passivo del prezzo delle consegne avvenute e dei servizi erogati prima dell’apertura della liquidazione giudiziale.
Il che significa che i crediti derivanti da prestazioni rese o da servizi erogati prima della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale potranno essere pagati come crediti concorsuali.

Addebito delle spese di emissione della fattura – Illegittimità

Con l’avvio della fatturazione elettronica obbligatoria, alcuni esercenti hanno iniziato ad applicare un piccolo incremento di prezzo in caso di richiesta, da parte del cliente, di emettere la fattura elettronica.
Tale comportamento, tuttavia, è illegittimo, in quanto, ai sensi dell’art. 21 co. 8 del DPR 633/72, le spese di emissione delle fatture e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo.
Si segnalano due ulteriori comportamenti, giuridicamente ingiustificati, registrati a seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria:
– la richiesta, da parte di alcuni cessionari o committenti, di “personalizzare” la fattura mediante l’indicazione di dati aggiuntivi (es. il numero di contabilità con cui il cliente gestirebbe la fattura), adducendo, quale giustificazione, che il relativo pagamento sarà effettuato più celermente;
– il ritardo nei pagamenti che i cessionari o committenti addebitano al ritardo nella notifica della fattura da parte del Sistema di Interscambio.

Splafonamento – Effetti sulla detrazione IVA (Cass. 17.1.2019 n. 1132)

Con riguardo all’acquisto di beni e servizi da parte dell’esportatore abituale per un ammontare superiore al plafond disponibile (c.d. splafonamento), Cass. 17.1.2019 n. 1132 ha sancito che:
– la predetta indebita disapplicazione dell’imposta costituisce una violazione di carattere sostanziale, la quale non permette l’applicazione del principio di neutralità;
– il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte richiede, infatti, l’assolvimento degli obblighi sostanziali da parte del soggetto passivo, anche quando alcuni obblighi formali sono stati omessi (es. Corte di Giustizia UE 26.4.2018 causa C-81/17).
A seguito del pagamento dell’IVA accertata definitivamente, degli interessi e delle sanzioni, si rileva che il soggetto passivo può comunque esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’art. 60 co. 7 del DPR 633/72.

Novità del Ddl. di conversione del DL 135/2018 – Mancato pagamento delle rate entro il 7.12.2018 – Effetti

Un emendamento posto in sede di conversione del DL 135/2018 stabilisce che, i soggetti i quali, in violazione dell’art. 3 co. 21 del DL 119/2018, non hanno pagato le rate scadute a luglio, settembre, ottobre 2018 entro il 7.12.2018 mantengono i benefici della rottamazione dei ruoli prevista dal menzionato articolo.
Lo stesso si deve dire per coloro i quali hanno pagato tardi la rata unica del 7.12.2018.
Per entrambi, occorrerà presentare apposita istanza entro il 30.4.2019.

Ingegneri dipendenti – Iscrizione a INARCASSA – Contributo integrativo (Cass. 11.2.2019 n. 3913)

Con la sentenza 11.2.2019 n. 3913 la Corte di Cassazione ha chiarito che l’ingegnere che abbia un impiego come dipendente e sia libero professionista part time non può iscriversi a INARCASSA, ma è obbligato a destinarvi il contributo integrativo del 4% sulle parcelle da libera professione.
Nel caso specifico, la Suprema Corte ha respinto le richieste del professionista che chiedeva di iscriversi alla Cassa di previdenza di settore o, in alternativa, che gli venissero restituiti i contributi versati.
La Suprema Corte ha osservato che il contributo integrativo ad INARCASSA:
– non osta all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS per l’attività libero professionale, non attribuendo la contribuzione integrativa una copertura assicurativa per vecchiaia, invalidità e morte in favore dei superstiti;
– non comporta alcuna duplicazione di contribuzione a carico del professionista, essendo in realtà posto a carico di terzi estranei alla categoria professionale a cui appartiene il professionista.

Istituzione della Banca dati delle ispezioni

Con una nota indirizzata alle proprie strutture territoriali, l’INAIL ha comunicato che è in fase di avvio, pur se ancora non del tutto a regime, la Banca dati delle ispezioni (già auspicata dall’art. 10 del DLgs. 124/2004), che consente all’Istituto assicuratore, nonché all’INPS e all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, di poter consultare un archivio on line costantemente alimentato, nel quale confluiscono tutte le aziende soggette a verifiche ispettive.
Operativamente, diventa dunque possibile controllare se per un datore di lavoro vi sia in corso, vi sia già stata, o sia in programma una verifica da parte di uno dei tre citati Istituti.
Si tratta di uno strumento che, da un lato, ha la funzione di razionalizzare e semplificare l’attività di vigilanza e, dall’altro, evita la sovrapposizione di interventi ispettivi, mettendo in condizione le aziende di non trovarsi destinatarie di due verifiche ravvicinate o contemporanee.

Contribuzione per l’anno 2019 (circ. INPS 13.2.2019 n. 25)

Con la circ. 13.2.2019 n. 25, l’INPS ha indicato i valori delle aliquote e dei massimali e minimali di reddito, nonché le modalità di determinazione della contribuzione dovuta per il 2019 dagli iscritti alle gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali.
In relazione alle aliquote valevoli per quest’anno, la circolare in esame conferma il valore dell’aliquota “base” pari al 24%, mentre per i soli iscritti alla gestione commercianti va sommato lo 0,09% a titolo di aliquota aggiuntiva ex art. 5 del DLgs. 207/96, per un valore totale dell’aliquota pari al 24,09%.
Tali valori si riducono nel caso di iscritti con più di 65 anni di età (50%), nonché per i coadiuvanti con età non superiore a 21 anni (21,45% per gli artigiani e 21,54% per i commercianti), mentre si conferma il contributo aggiuntivo per le prestazioni di maternità nella misura di 0,62 euro mensili.
Il minimale di reddito per il 2019, da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto da artigiani e commercianti, risulta pari a 15.878,00 euro, mentre il massimale di reddito ammonta a 78.572,00 euro per coloro che si sono iscritti alle citate gestioni prima dell’1.1.96, ovvero a 102.543,00 euro per gli iscritti con decorrenza da tale data.