Restituzione dell’IVA indebita – Legittimazione del cedente (Cass. 26.6.2019 n. 17500)

La Corte di Cassazione, con la sentenza 28.6.2019 n. 17500, ha negato al cessionario/committente il diritto alla restituzione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria dell’IVA versata indebitamente al fallimento, nella qualità di cedente/prestatore, sul presupposto dell’estraneità del cessionario al rapporto che lega il cedente/prestatore con l’Amministrazione finanziaria. I ricorrenti avrebbero dovuto agire nei confronti del fallimento per fare valere un credito da “indebito oggettivo”, che, essendo maturato in occasione della procedura fallimentare nei confronti della massa, non ha natura concorsuale, ma prededucibile (art. 111 co. 2 del RD 267/42).
Né può giungersi a diversa conclusione invocando l’orientamento comunitario che, in ossequio al principio di effettività, legittima il cessionario/committente ad agire nei confronti dell’Amministrazione finanziaria se la ripetizione verso il cedente/prestatore risulti impossibile o eccessivamente difficile, non avendo agito nei confronti del fallimento per la ripetizione del credito prededucibile.

Sede dell’Ufficio diversa dalla sede dell’Agente della Riscossione – Competenza del giudice – Orientamenti giurisprudenziali

La Corte Cost. 3.3.2016 n. 44 ha dichiarato incostituzionale l’art. 4 del DLgs. 546/92, nella parte in cui prevede che la competenza si radica con riferimento alla sede del concessionario locale iscritto all’albo dell’art. 53 del DLgs. 446/97, e non con riferimento alla sede dell’ente locale.
Così, si evita che un Comune sito ad esempio in Veneto, affidi la riscossione ad un concessionario sito in Sardegna, obbligando il contribuente a gestire un processo lontano dal proprio domicilio fiscale.
Detta esigenza non si ravvisa quando la riscossione è in capo ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, posto che l’emanazione della cartella di pagamento avviene ad opera della diramazione territoriale individuata con riferimento al domicilio fiscale del contribuente.
Invece, secondo alcune pronunce, dopo la sentenza 44/2016, la competenza si radica sempre presso la sede dell’ente impositore, quand’anche la riscossione avvenga ad opera dell’ex Equitalia (Cass. 21.11.2018 n. 30054).
Come affermato dalla C.T. Prov. Taranto 12.9.2018 n. 1580/1/18, in questo modo si vanifica il principio affermato dalla Corte Costituzionale, obbligando il contribuente a difendersi in un luogo lontano dalla propria residenza.
Quando sussiste diversità tra ente impositore e Agente della riscossione, infatti, ciò è dovuto ad un mutamento di domicilio fiscale successivo all’emanazione dell’avviso di accertamento.

Cancellazione dal Registro delle imprese – Effetti – Rapporti passivi e attivi non definiti e giudizi pendenti – Azione revocatoria ordinaria (Cass. 21.5.2019 n. 13593)

Nella sentenza 21.5.2019 n. 13593, la Corte di Cassazione ha affermato che il creditore che agisce in revocatoria per veder dichiarare l’inefficacia di un contratto di vendita, con il quale il debitore abbia alienato un bene, così riducendo la garanzia patrimoniale, può chiamare in giudizio, come litisconsorti ex art. 102 c.p.c., sia la società debitrice che quella acquirente del bene oggetto del contratto di alienazione.
Ove, però, il contraddittorio sia costituito regolarmente nei soli confronti di una delle due società, in quanto l’altra si è estinta con cancellazione dal Registro delle imprese in data antecedente alla notifica dell’atto di citazione, il creditore procedente ha diritto ad integrare il contraddittorio nei confronti dei soci della società estinta, che succedono alla società stessa. Il creditore, infatti, può conseguire un titolo esecutivo, per un credito insorto “pendente societate”, anche dopo la sua estinzione, “dovendosi intendere legittimati passivi alla corrispondente domanda i singoli soci i quali succedono alla società nei medesimi rapporti, così da rispondere delle sue obbligazioni, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti nel corso della sua attività, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente”.
Il giudice che, nel corso del giudizio, verifichi l’estinzione di una delle società litisconsorti, è tenuto, in ogni stato e grado del giudizio, a fissare un termine per la corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti dei soci ai quali si sono trasmessi in successione i rapporti giuridici della società.

Soci lavoratori di cooperative – Trattamento economico applicabile (Cass. 20.2.2019 n. 4951)

La Corte di Cassazione, con sentenza 20.2.2019 n. 4951, ha stabilito che, fermo restando quanto previsto dall’art. 36 della L. 300/70, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine.
In particolare, la stessa Suprema Corte specifica che, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito dì applicazione di quei contratti di categoria applicano, ai propri soci lavoratori, trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria, con il fine di contrastare il dumping salariale.

Beni concessi in comodato – Spese di gestione – Deducibilità – Condizioni (Cass. 7.11.2018 n. 28375)

La Cass. 7.11.2018 n. 28375 ha stabilito che, in caso di esternalizzazione a impresa terza dell’attività di produzione di beni venduti dal contribuente, i relativi costi per l’uso del capannone (nella specie, acqua, energia elettrica, gas e telefono) e per la manutenzione dei macchinari di sua proprietà, concessi in comodato all’impresa che svolge in esclusiva per il comodante l’attività di produzione, sono deducibili ai sensi dell’art. 109 co. 5 del TUIR, con conseguente detraibilità della relativa IVA ex art. 19 del DPR 633/72, trattandosi di spese che si inseriscono nel suo programma economico e devono, pertanto, ritenersi inerenti la sua attività produttiva in quanto ad essa strumentali.

Sponsorizzazioni – Natura dell’onere – Criteri di deducibilità (Cass. 10.10.2018 n. 25021)

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10.10.2018 n. 25021, ha affermato che le spese di sponsorizzazione, in quanto idonee al più ad accrescere il prestigio dell’impresa, vanno considerate spese di rappresentanza.
Infatti, in base alla normativa vigente fino al 2007, tali oneri sono deducibili previa dimostrazione, a carico del contribuente, del requisito dell’inerenza, consistente non solo nella giustificazione della congruità dei costi, rispetto ai ricavi o all’oggetto sociale, ma soprattutto nell’allegazione delle potenziali utilità per la propria attività commerciale o dei futuri vantaggi conseguibili attraverso la pubblicità svolta dall’impresa.
Letta a contrario, tale pronuncia sembra costituire l’implicita conferma che, nell’attuale contesto legislativo, le spese di sponsorizzazione devono essere considerate di pubblicità e, come tali, non vanno soggette ai limiti di deducibilità previsti dall’art. 108 co. 2 del TUIR (in senso conforme, tra gli altri, l’approfondimento Assonime 6/2013).

Panificio – Accertamento fondato sulle quantità di farina e lievito acquistate – Attendibilità (Cass. 7.9.2018 n. 21860)

Secondo la Cass. 7.9.2018 n. 21860, è legittimo l’accertamento analitico-induttivo esperito dall’Ufficio a carico di un panificio, basato sulle discrepanze relative alle ricostruzioni indirette dei ricavi fondate a sua volta sulle quantità acquistate di due materie prime indispensabili, fatta salva la prova contraria fornita dal contribuente.
Nel caso di specie, il recupero a tassazione dei maggiori ricavi non contabilizzati derivava dalla ricostruzione delle quantità acquistate sia di farina che di lievito per la fabbricazione del pane.

Omessa o irregolare notifica della cartella di pagamento – Inizio dell’esecuzione forzata – Tutela del contribuente (Corte Cost. 31.5.2018 n. 114)

Secondo Corte Cost. 31.5.2018 n. 114, il contribuente è ammesso a proporre opposizione all’esecuzione davanti al tribunale ordinario qualora sia iniziata l’esecuzione e non è possibile trovare adeguata tutela nel processo tributario.
Tale azione presuppone, infatti, che i rimedi contro l’accertamento o la cartella siano stati esperiti ovvero che siano inutilmente decorsi i termini per proporre ricorso davanti al giudice tributario.
L’opposizione rientra nell’ambito dell’art. 615 co. 2 c.p.c. e si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione del tribunale competente per territorio (art. 27 c.p.c.).
Nella diversa ipotesi in cui, invece, tramite l’opposizione venga contestata la notifica del titolo esecutivo, la giurisdizione sarà del giudice tributario e l’azione dovrà essere proposta entro sessanta giorni dalla notifica del primo atto esecutivo (Cass. SS. UU. 13913/2017).

Cessione gratuita di aree edificabili – Determinazione della plusvalenza (Cass. 1.10.2018 n. 23702)

Secondo quanto deciso dalla Cass. 1.10.2018 n. 23702, per il calcolo della plusvalenza originata dalla cessione di un terreno edificabile, che risulta imponibile ex art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR, al costo fiscale dell’area ceduta si deve sommare anche il costo sostenuto per l’acquisizione di altri appezzamenti ceduti poi gratuitamente al Comune per ottenere la volumetria necessaria.
Ad avviso della Corte, si tratta di costi inerenti ad un’unica iniziativa urbanistica e come tali devono essere sottratti al prezzo di cessione per il calcolo della plusvalenza.

Locazione di immobili commerciali – Risoluzione contrattuale – Effetti (C.T. Reg. Roma 30.1.2018 n. 469/16/18, C.T. Reg. Roma 9.2.2018 n. 756/9/18)

Il canone di locazione di immobili ad uso commerciale concorre a formare il reddito del contribuente locatore durante il tempo in cui il contratto esplica i suoi effetti, anche se non percepito per cause imputabili al conduttore; pertanto, deve essere dichiarato pure se non riscosso.
Secondo C.T. Reg. Roma 30.1.2018 n. 469/16/2018, nel caso in cui il contratto contenga una clausola risolutiva espressa per il caso di morosità, la conclusione del rapporto negoziale si verifica al momento del mancato pagamento del canone dovuto; pertanto, le somme spettanti al proprietario non sono riconducibili ai canoni di locazione (e non devono essere tassate come tali), ma hanno natura risarcitoria.
Invece, per C.T. Reg. Roma 9.2.2018 n. 756/9/18, pur in presenza di una clausola di risoluzione, se il contribuente locatore non esercita il diritto allo scioglimento del vincolo, permane l’obbligo di dichiarare i canoni scaduti e non riscossi, fino alla conclusione del procedimento di sfratto.