Nell’ipotesi di operazioni considerate “inesistenti” il diritto alla detrazione dell’IVA da parte del soggetto passivo acquirente è disconosciuto solo quando tale soggetto è consapevole o avrebbe dovuto esserlo (usando la dovuta diligenza) che l’operazione cui partecipa si iscrive in un meccanismo di frode IVA (Corte di Giustizia cause riunite C-354/03, C- 355/03 e C- 484/03; Cass. 17.6.2014 n. 13792; 26.2.2014 n. 4609).
Nel caso di contestazioni per l’inesistenza “oggettiva” dell’operazione, l’Amministrazione finanziaria può dimostrare la fondatezza della pretesa anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. L’onere per il contribuente, in questi casi, riguarda la dimostrazione dell’effettività delle operazioni e nessuna rilevanza può, evidentemente, essere attribuita all’aspetto soggettivo del destinatario della fattura (cfr. C.T. Reg. Roma n. 3791/2015).
Nel diverso caso in cui la contestazione riguardi l’inesistenza “soggettiva” dell’operazione, senza che vi siano ipotesi di frode, l’Ufficio può comunque avvalersi di presunzioni per provare che la fattura è stata emessa da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione/prestazione.
In queste situazioni, l’onere probatorio può esaurirsi nella sola dimostrazione che il fornitore è privo di “dotazione personale” (cfr. C.T. Reg. Napoli n. 6625/2015). Per difendersi, il soggetto coinvolto deve dimostrare di non essersi trovato nelle condizioni di oggettiva conoscibilità della fittizietà dell’operazione o di “non essere stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza” del carattere fraudolento delle operazioni di altri soggetti coinvolti nell’evasione (Cass. 24.9.2014 n. 20059).